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Veduta dell'Aula della Camera dei Deputati |
VII Legislatura 1976-1979
VIII Legislatura 1979-1983
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Aula di Montecitorio: Agostino Spataro (in piedi) sulla scala) |
DELEGAZIONE PARLAMENTARE IN LIBANO SU INVITO DEL PRESIDENTE DELL'OLP YASSER ARAFAT (4 - 7 marzo 1981)-
Nota per i membri della direzione del gruppo Pci alla Camera dei Deputati
Roma, 1982. Da sin: A. Spataro, G. Benvenuto, P. Carniti, L. Lama, E. Egoli, D. Valori, Y. Arafat |
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Delegazione visita Tiro, dopo bombardamento israelianio |
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Sidone. Delegazione con combattenti palestinesi |
* Trattato Italia- Malta sulla neutralità Repubblica di Malta
Discorso di on. Agostino Spataro in Aula per dichiarazione di voto (astensione) del gruppo parlamentare del PCI- Roma li 11 marzo 1981





Attività relative alla IX Legislatura 1983-1987
Progetti di legge /Co-firmatario
IX Legislatura della Repubblica italiana

Quell’incontro
prima del delitto «Piersanti mi parlò solo di politica»
Virginio Rognoni: «Denunciò un quadro
allarmante, l’esistenza di un establishment che ostacolava la sua intenzione di
fare pulizia soprattutto nel campo degli appalti »
(1) qui c’è una inesattezza: è assai improbabile che P. Matterella
rientrasse a Palermo “in giornata” ossia il 29 ottobre 1979, poiché l’indomani
(30 ottobre 1979) partecipò all’incontro con i parlamentari nazionali eletti in
Sicilia tenutosi presso la sede romana della Regione Siciliana (vedi mio
archivio
CRISI DEGLI OSTAGGI USA-IRAN 1979-
Dibattito Camera Deputati/ Intervento on. Agostino Spataro

LA LEGGE LA TORRE
PRESENTAZIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DELLA PROPOSTA DI LEGGE
LA TORRE e ALTRI "Nuove norme per la lotta alla mafia"- 4 aprile 1980
.
Testo (2 fogli) del comunicato della Direzione nazionale del Pci sull'assassinio di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Questo testo fu discusso in una riuione (del 30/4/1982) improvvisata presso la sede del CR di via Calatafimi alla presenza di Enrico Berlinguer, Paaolo Bufalini, Ugo Pecchioli e altri. Io e Michele Figurelli insistemmo per inserire un richiamo alla lotta contro i missili di Comiso...


Testo dell'interrogazione del Pci su assassinio di La Torre e Di Salvo. Nessuna deputato comunista siciliano é stato inserito tra i firmatari. Come dire: i parenti dei morti esclusi dal lutto.

Lettera (2 fogli) di Agostino Spataro a Giorgio Napolitano, Pres/te gruppo Pci Camera, su interrogazione omicidio La Torre

Interpellanza dei deputati comunisti siciliani u assassinio di La Torre e Di Salvo.

Ulteriore richiesta di chiarimenti a Giorgio Napolitano

Dichiarazione stampa di A. Spataro per dibattito in Aula su omicidio La Torre

Lettera di Agostino Spataro a Luigi Colajanni segr.reg. Pci (2 fogli)
Interrogazione deputati Pci su aggi esattorie siciliane





Attività relative alla IX Legislatura 1983-1987
Progetti di legge /Co-firmatario
- IX Legislatura della Repubblica italiana
IX Legislatura della Repubblica italiana
- IX Legislatura della Repubblica italiana- Anno 1984
- IX Legislatura della Repubblica italiana - Anno 1985

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Roma. 30 ottpbre 1989- I presidenti dell'Ars, on. M. Russo, e della Regione on. P. Mattarella incontrano i parlamentari siciliani- Appunto su intervento del presidente Piersanti Mattarella. |
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Appunto intervento Agostino Spataro. |
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Dichiarazione di on. Agostino Spataro, coordinatore dei deputati Pci alla Camera, su incontro con Russo e Mattarella. |
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Aggiungi didascalia |
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Dichiarazione stampa di on. Agostino Spataro su omicidio di Piersanti Mattarella. |
CORRIERE DELLA SERA IL COLLOQUIO CON MINISTRO INTERNO VIRGINIO ROGNONI
Quell’incontro
prima del delitto «Piersanti mi parlò solo di politica»
Virginio Rognoni: «Denunciò un quadro
allarmante, l’esistenza di un establishment che ostacolava la sua intenzione di
fare pulizia soprattutto nel campo degli appalti »
ROMA «Piersanti Mattarella venne a
parlarmi di un quadro politico, non di un’emergenza criminale. Ero un collega
di partito che per ventura si trovava a fare il ministro dell’Interno; lui era
moroteo io della corrente di Base, avevamo posizioni vicine. Mi illustrò una
situazione interna alla Dc siciliana, ed era allarmato non per sé ma per il
segretario regionale Rosario Nicoletti (morto suicida nel 1984, ndr ), che
aveva anche manifestato l’ipotesi di abbandonare l’attività politica. Non mi
chiese aiuto né manifestò timori particolari per la sua persona, e io
sinceramente non avvertii una situazione di pericolo per lui».
Il ricordo di Virginio Rognoni
dell’incontro col presidente della Regione siciliana che di lì a
tre mesi sarebbe stato assassinato, è lo stesso consegnato ai magistrati che in
più occasioni l’hanno ascoltato come testimone. Era l’ottobre 1979, più di
trentacinque anni fa, quando Piersanti Mattarella, fratello del neopresidente
della Repubblica, salì su un aereo per andare a Roma a parlare col ministro; e al suo ritorno, nella stessa giornata,
(1) confidò al capo di gabinetto Maria Grazia Trizzino ciò che - precisò - «non
dirò né a Sergio né a mia moglie»: il faccia a faccia con Rognoni e un
avvertimento: «A questo incontro è da ricollegare quanto di grave mi potrà
accadere». Il 6 gennaio 1980, due killer rimasti ignoti lo assassinarono in
strada a Palermo, appena uscito di casa.
«Quando fu ucciso io non ricollegai il delitto a ciò che mi aveva detto - racconta adesso Rognoni - perché, ripeto, fece discorsi attinenti alla politica locale, non il preannuncio di qualcosa che potesse capitare a lui. Certo, denunciò un quadro allarmante, l’esistenza di un establishment che ostacolava la sua intenzione di fare pulizia soprattutto nel campo degli appalti e aveva un referente politico dentro il partito nella persona di Vito Ciancimino. Ma aggiunse che sarebbe andato avanti convintamente e serenamente, e non mi parlò di rischi o minacce per la sua persona».
Dunque la testimonianza dell’ex ministro - quella di oggi come quelle rese agli inquirenti dopo che Sergio Mattarella, all’indomani del delitto, fu informato dell’incontro con Rognoni dalla signora Trizzino e ne riferì ai magistrati - non risolve il mistero sull’angoscioso presentimento del presidente della Regione dopo l’incontro al Viminale. E ne conferma un altro: il contesto non solo mafioso del delitto. Perché se l’omicidio Mattarella è da ricollegare, come lui stesso preannunciò, al colloquio col ministro; e se il colloquio col ministro, come ribadisce oggi Rognoni, ebbe contenuti solo politici, allora il movente del delitto dev’essere anche politico. Ma le inchieste e i processi non sono riusciti a svelarlo.
«In quel periodo - sostiene Rognoni - la parola mafia era solo un vocabolo. Utilizzato e persino banalizzato da chi lo usava per affermare che fosse solo un’invenzione, e chi invece gli attribuiva ogni tipo di nefandezza. Solo dopo, con la legge che porta anche il mio nome, è diventato un reato a sé. Prima, per condannare, bisognava individuare e provare i singoli reati specifici».
«Quando fu ucciso io non ricollegai il delitto a ciò che mi aveva detto - racconta adesso Rognoni - perché, ripeto, fece discorsi attinenti alla politica locale, non il preannuncio di qualcosa che potesse capitare a lui. Certo, denunciò un quadro allarmante, l’esistenza di un establishment che ostacolava la sua intenzione di fare pulizia soprattutto nel campo degli appalti e aveva un referente politico dentro il partito nella persona di Vito Ciancimino. Ma aggiunse che sarebbe andato avanti convintamente e serenamente, e non mi parlò di rischi o minacce per la sua persona».
Dunque la testimonianza dell’ex ministro - quella di oggi come quelle rese agli inquirenti dopo che Sergio Mattarella, all’indomani del delitto, fu informato dell’incontro con Rognoni dalla signora Trizzino e ne riferì ai magistrati - non risolve il mistero sull’angoscioso presentimento del presidente della Regione dopo l’incontro al Viminale. E ne conferma un altro: il contesto non solo mafioso del delitto. Perché se l’omicidio Mattarella è da ricollegare, come lui stesso preannunciò, al colloquio col ministro; e se il colloquio col ministro, come ribadisce oggi Rognoni, ebbe contenuti solo politici, allora il movente del delitto dev’essere anche politico. Ma le inchieste e i processi non sono riusciti a svelarlo.
«In quel periodo - sostiene Rognoni - la parola mafia era solo un vocabolo. Utilizzato e persino banalizzato da chi lo usava per affermare che fosse solo un’invenzione, e chi invece gli attribuiva ogni tipo di nefandezza. Solo dopo, con la legge che porta anche il mio nome, è diventato un reato a sé. Prima, per condannare, bisognava individuare e provare i singoli reati specifici».
Sul piano giuridico è così,
però nel 1979 la mafia aveva già ammazzato, e non soltanto
all’interno delle faide tra cosche; molto tempo prima era stato ucciso il
procuratore Scaglione e in quello stesso anno, tra luglio e settembre, erano
caduti il capo della Squadra mobile Boris Giuliano e il consigliere istruttore
(appena nominato) Cesare Terranova. Possibile che un ministro dell’Interno non
si rendesse conto della gravità della denuncia di Piersanti Mattarella, anche
solo sul piano politico? «È possibile perché non so nemmeno che cosa avrei
potuto fare - risponde Rognoni -. Mi pare che Mattarella avesse già una
protezione, e purtroppo s’è visto che non sono le scorte a garantire la
sicurezza. Anche il giudice Terranova l’aveva, e non servì. In quel periodo la
stessa magistratura si mostrò all’epoca un po’ frastornata da quanto stava
accadendo; c’era una lettura della mafia, che ancora non sapevamo che si
chiamasse Cosa nostra, piuttosto confusa. E ciò nonostante ci fossero già i
rapporti di polizia che poi sfoceranno nel maxiprocesso».
Per quanto disarmante possa apparire, questo è il contesto colto dal ministro dell’Interno di allora e ribadito oggi. Nemmeno il nome dell’ex sindaco Vito Ciancimino, indicato da Piersanti Mattarella come l’ostacolo alla politica del rinnovamento, bastò ad allarmare Rognoni? «Di Ciancimino tutti a Palermo sapevano che era un personaggio contiguo alla mafia - risponde l’ex ministro -, anche gli inquirenti e gli investigatori, ma evidentemente non c’erano gli strumenti sufficienti per fermarlo. Le accuse concrete nei suoi confronti arrivarono solo dopo. In ogni caso Piersanti Mattarella mi illustrò un quadro politico, non altro». E allora come si spiega quella confidenza al capo di gabinetto? «Non lo so, io questa signora non l’ho mai conosciuta. Il linguaggio dei siciliani è particolare, ma io ricordo nettamente ed esclusivamente la denuncia della corporazione che stava dietro Ciancimino».
Forse neppure la politica era preparata all’emergenza mafiosa. Dice Rognoni: «Il salto di qualità avvenne con la nomina del generale Dalla Chiesa a prefetto di Palermo, un segnale dell’impegno di tutte le istituzioni, com’era avvenuto nella lotta al terrorismo». Della vicenda del fratello assassinato l’ex ministro ricorda di aver parlato anche con Sergio Mattarella: «L’ho conosciuto dopo, quando la tragedia di Piersanti era ancora vicina, e ne discutemmo negli stessi termini che sto illustrando ora. Sergio arrivò alla Camera nel 1983, quando io divenni capogruppo. Sarà un ottimo presidente, anche perché porterà con sé il timbro della Corte costituzionale. E questo è una garanzia. Ieri gli ho mandato un telegramma: «Bravo Sergio, un abbraccio. Siamo tutti rassicurati».
Per quanto disarmante possa apparire, questo è il contesto colto dal ministro dell’Interno di allora e ribadito oggi. Nemmeno il nome dell’ex sindaco Vito Ciancimino, indicato da Piersanti Mattarella come l’ostacolo alla politica del rinnovamento, bastò ad allarmare Rognoni? «Di Ciancimino tutti a Palermo sapevano che era un personaggio contiguo alla mafia - risponde l’ex ministro -, anche gli inquirenti e gli investigatori, ma evidentemente non c’erano gli strumenti sufficienti per fermarlo. Le accuse concrete nei suoi confronti arrivarono solo dopo. In ogni caso Piersanti Mattarella mi illustrò un quadro politico, non altro». E allora come si spiega quella confidenza al capo di gabinetto? «Non lo so, io questa signora non l’ho mai conosciuta. Il linguaggio dei siciliani è particolare, ma io ricordo nettamente ed esclusivamente la denuncia della corporazione che stava dietro Ciancimino».
Forse neppure la politica era preparata all’emergenza mafiosa. Dice Rognoni: «Il salto di qualità avvenne con la nomina del generale Dalla Chiesa a prefetto di Palermo, un segnale dell’impegno di tutte le istituzioni, com’era avvenuto nella lotta al terrorismo». Della vicenda del fratello assassinato l’ex ministro ricorda di aver parlato anche con Sergio Mattarella: «L’ho conosciuto dopo, quando la tragedia di Piersanti era ancora vicina, e ne discutemmo negli stessi termini che sto illustrando ora. Sergio arrivò alla Camera nel 1983, quando io divenni capogruppo. Sarà un ottimo presidente, anche perché porterà con sé il timbro della Corte costituzionale. E questo è una garanzia. Ieri gli ho mandato un telegramma: «Bravo Sergio, un abbraccio. Siamo tutti rassicurati».
2 febbraio 2015 | 08:38
© RIPRODUZIONE RISERVATA
CRISI DEGLI OSTAGGI USA-IRAN 1979-
Dibattito Camera Deputati/ Intervento on. Agostino Spataro

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PONOMARIOV A ROMA PER GLI
EUROMISSILI
EUROMISSILI
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EUROMISSILI: a Roma per colloqui delegazione del Soviet Supremo dell'URSS, guidata da Boris Ponomariov. |
LA LEGGE LA TORRE
PRESENTAZIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DELLA PROPOSTA DI LEGGE
LA TORRE e ALTRI "Nuove norme per la lotta alla mafia"- 4 aprile 1980
.
Comunicato-stampa
QUANDO LA PROPOSTA DI LEGGE LA TORRE DIVENNE ROGNONI - LA TORRE
Nov. 1981- Al Viminale, incontro di una delegazione del Pci (onn. Pecchioli, La Torre, Spataro, Martorelli, Corallo, Aldo Rizzo, ) con il ministro dell'Interno Virginio Rognoni
UN PARTICOLARE
Da questo prospetto dei turni di presenza in Aula (senza eccezione alcuna) dei deputati Pci
durante l'ostruzionismo radicale, si evince che Pio La Torre il giorno del suo assassinio (avvenuto a Palermo il 30 aprile 82) avrebbe dovuto trovarsi alla Camera dei Deputati. Ricordo che Pio mi disse, a Montecitorio, che desiderava andare al CR per coordinare la raccolta di "1 milione di firme contro i missili di Comiso", ma non poteva per via dei turni. Io mi offrii di sostituirlo e così poté partire per Palermo la sera del mercoledì 28 aprile (credo). L'indomani (29/4), giovedì, i radicali cessarono l'ostruzionismo. Così anch'io la sera del 29 andai a Palermo dove, l'indomani (30/4)alle ore 11, avevamo un incontro con il presidente dell'Ars, on. Salvatore Lauricella, per discutere degli accordi elettorali in vista delle elezioni comunali in provincia di Agrigento. Verso le ora 10 eravamo (io, Capodicasa, Martorana, Angelo Lauricella, ecc.) nell'ufficio di M. Russo all'Ars quando arrivò la terribile telefonata. Corremmo in via Generale Tuba ... e poi all'obitorio dove trovammo i corpi di Pio e di Rosario.


Testo dell'interrogazione del Pci su assassinio di La Torre e Di Salvo. Nessuna deputato comunista siciliano é stato inserito tra i firmatari. Come dire: i parenti dei morti esclusi dal lutto.

Lettera (2 fogli) di Agostino Spataro a Giorgio Napolitano, Pres/te gruppo Pci Camera, su interrogazione omicidio La Torre

Interpellanza dei deputati comunisti siciliani u assassinio di La Torre e Di Salvo.

Ulteriore richiesta di chiarimenti a Giorgio Napolitano

Dichiarazione stampa di A. Spataro per dibattito in Aula su omicidio La Torre

Lettera di Agostino Spataro a Luigi Colajanni segr.reg. Pci (2 fogli)
Interrogazione deputati Pci su aggi esattorie siciliane
AGRIGENTO: SCUOLA SUPERIORE DI ARCHEOLOGICA
Interrogazione sull'abuso delle scorte di polizia
Interrogazione su scorie radioattive in miniera Pasquasia/ Sicilia
(marzo 1987)
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