In rivista “L’ASTROLABIO” (quindicinale) n. 9·10 , 1984
Sicilia: le anomalie
del sistema economico
“LO SPIRITO DEL
CAPITALISMO NON ABITA PIU’ QUI”
di Agostino Spataro
Mafia e
militarizzazione rappresentano, aIlo stato attuale, i fattori principali destinati
a pesare di più sulla prospettiva economica e politica del!a Sicilia. Quello
dello scompenso fra consumo e produzione è il nodo che bisogna sciogliere per
avviare uno sforzo programmatico ri-equilibratore.
1… Sulla realtà
economica siciliana grava un intreccio complesso d'interessi e di disegni, tale
da soffocarne lo slancio ed impedirne una proiezione sana e dinamica, fuori
dalla palude del parassitismo e dell'assistenzialismo, in grado, comunque, di
recuperare gli antichi ritardi e di mettersi al passo con i mutamenti che la
crisi impone. E' ormai chiaro come mafia e militarizzazione costituiscano due
fattori importanti, destinati a pesare nella prospettiva economica e politica
della Sicilia. Dentro il blocco di potere politico-mafioso dominante sembra si
siano messi in moto processi e strategie che potrebbero da un lato sconvolgere
la mappa del potere economie e dall'altro lato condizionare lo sviluppo per un
certo periodo.
Vi sono imperi che crollano o sull'orlo del precipizio e
altri che, profittando delle contingenze (non sempre economiche), avanzano alla
conquista di posizioni di comando. Sono in corso grandi manovre che vedono
nuove consorterie contendersi lo spazio lasciato da altre cadute in disgrazia,
alla ricerca di un nuovo equilibrio di potere economico e politico.
Le ripercussioni si avvertono dappertutto e fino a quando il
nuovo equilibrio non sarà realizzato la Sicilia e le sue articolazioni
istituzionali non avranno « pace ».
2… Un rivolgimento,
dunque, silenzioso e sotterraneo, le cui dimensioni è difficile calcolare, per
il quale non valgono le leggi di mercato, ma codici non scritti e, quasi
sempre, rispettati. Perciò il nuovo che avanza, sospinto da questa logica, non
rappresenta un fattore di progresso, ma una pura e semplice sostituzione
dell'esistente.
Certamente, non possono essere questi i nuovi soggetti dello
sviluppo. Su questo punto bisognerebbe fare chiarezza definitivamente, perché
si possa voltare pagina e promuovere idee e forze davvero nuove per lo
sviluppo, diradando le ombre e le accuse criminalizzanti che pesano su alcuni
settori del sistema economico siciliano. Le forze politiche, sindacali e
imprenditoriali sane, che non intendono cedere a certe tentazioni, dovrebbero
di più e meglio riflettere su quanto sta avvenendo in Sicilia e adoperarsi
conseguentemente per prendere in mano la situazione oggi allo sbando, nella
quale non si avverte la presenza di una autorità capace di esercitate un ruolo
d'indirizzo e di controllo, se non di vera e propria programmazione, e quindi
di regolazione democratica dei fattori e dei soggetti dello sviluppo.
3… Un puntò decisivo ed attuale, che potrebbe influenzare,
in un senso o nell'altro, l'avvenire economico dell' Isola, è dato dalla
direzione e dal modo in cui si dovrà spendere la gran massa finanziaria di cui
è titolare la Regione. Si tratta di oltre 5 mila miliardi accumulatisi, negli
ultimi anni, come residui passivi e di almeno altri 10 mila miliardi fra
cespiti, contributi e prestiti di cui potrà disporre la Regione nel prossimo
triennio. Per quanto riguarda le spese correnti dello stesso triennio, la spesa
prevista è di altri 13 mila 500 miliardi.
Nessun'altra regione italiana può vantare una disponibilità
finanziaria di circa 28 mila miliardi Una massa finanziaria considerevole che
stuzzica appetiti e sollecita l'iniziativa di gruppi e potentati, da sempre
pronti ad andare all'arrembaggio delle risorse della regione. Il pentapartito,
recentemente ricostituitosi, non ha saputo o voluto indicare i campi e i
criteri di utilizzazione di queste somme. Soltanto il PCI, dall'opposizione, si
è fatto carico d'individuare e proporre una piattaforma verso cui orientare la
spesa per progetti. Bisogna ripensare I 'ipotesi dello sviluppo che per essere
veramente tale dovrà realizzare un allargamento delle basi produttive ed
occupazionali. Una spesa che non produca questi risultati, come purtroppo è
stato per il passato, non solo è effimera, ma potrebbe rivelarsi una fonte di
spreco e di corruzione e quindi di ulteriore contaminazione della società
politica che la manovra e di quei settori che ne sono destinatari.
4… Di analisi se ne
sono fatte tante, ma è bene ricordarsi che il sistema economico siciliano, a
parte i fattori di remora sopra ricordati, presenta una grave anomalia rispetto
alle aree del centro-nord, quella cioè d'importare quasi tutto e di esportare
pochissimo.
Se osserviamo, infatti, i dati più recenti ( 1982) è agevole
rilevare come la Sicilia importi dall'estero il 43,4% delle merci e ne esporti
soltanto il 2 ,7 % ; tutto questo mentre gli indicatori del valore aggiunto
calano paurosamente (prodotti agricoli meno 10,2%, industriali meno 2,8%) per
effetto di un'allarmante dequalificazione degli impianti esistenti (fonte: rapporto Svimez 1983). E' chiaro
che a questa grav1ss1ma condizione produttiva, alla quale fa riscontro il dato
esplosivo della disoccupazione (350 mila unità), non si può rispondere con il
nulla del Governo centrale e nemmeno con le astrattezze paralizzanti di quello
regionale. Ci vuole ben altro.
I dati, inoltre, intervengono a conferma di una tendenza,
storicamente determinatasi e in progressiva evoluzione, secondo cui la Sicilia
è da considerarsi area di consumi e non di produzione. Il forte scompenso fra
consumi e produzioni si configura, oramai, come una precisa scelta che spiega
l'intera storia economica siciliana. Questo è il vero nodo che bisogna
sciogliere in positivo, se si vuole avviare un serio sforzo programmatico ri-equilibratore.
5… E qui il discorso
ritorna ai soggetti: allo Stato e alla Regione per la parte che hanno da
svolgere e, anche, al ceto imprenditoriale. Saprà questo ceto liberarsi da
metodi e concezioni superati e raccogliere la sfida del progresso?
A parte le rituali declamazioni di vittimismo non si nota
fra gli imprenditori siciliani, tranne qualche rara eccezione, una volontà
decisa ad uscire da una concezione d'impresa assistita e protetta, nella quale
si riduce, sempre più, il margine di rischio e si esalta la passione per
l'incentivazione e la tendenza ali' affare. Pur essendovi nell'isola una
notevole disponibilità di capitali pubblici e privati (solo fra banche,
risparmio postale e buoni fruttiferi si sono raccolti nel corso del 1982 oltre
17 mila miliardi e di questi meno di 7 mila sono stati impiegaci in Sicilia) è
mancato quello che Max Weber definiva « lo spirito del capitalismo ». Ecco
perché l'incentivo dovrà essere rigorosamente vincolato e commisurato alla
qualità e alla quantità dell'investimento e alla sua capacità di creare
ricchezza e occupazione. Altrimenti non c'è l'impresa, ma l'affare.
In conclusione bisogna liquidare ogni consorteria, spezzare
la trama che si sta intessendo, favorire l'affermazione di un ceto
imprenditoriale moderno e dorato di un sufficiente spirito d'impresa e del
necessario respiro nell'individuazione delle scelte produttive e nei
collegamenti con i mercati e con i centri finanziari nazionali ed esteri.
Soltanto a questo modo ci si può liberare dalla cappa opprimente del blocco di
potere politico-mafioso ed aprire la Sicilia al vento del progresso civile ed
economico.
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